Padova Dal 24/10/2015 Al 28/03/2016
Il pittore livornese Giovanni Fattori (Livorno 1825-Firenze 1908) è stata una delle più grandi personalità del gruppo macchiaiolo, giunto a Firenze come allievo di Giuseppe Bezzuoli, artista molto stimato e abile nel tema del ritratto quanto nella scena storica e in quella di genere. A lui è stata dedicata dalla Fondazione Bano una mostra antologica che è in corso dal 24 ottobre 2015, dal martedi alla domenica, e si concluderà il 28 marzo 2016 presso Palazzo Zabarella di Padova. La mostra è curata dai più grandi esperti della pittura di Fattori, e presenta al pubblico oltre cento dipinti in ordine cronologico e tematico dell'artista livornese. Attraverso la carriera artistica di Fattori si ripercorre la rivoluzione compiuta dai macchiaioli, il cui teatro è stato il celebre Caffè Michelangelo di Firenze, con la loro tecnica spregiudicata, a macchie di colori, e la loro predilezione per la raffigurazione della vita quotidiana, lontano dai temi storici e religiosi tanto caldeggiati dagli ambienti accademici dell'epoca. Una simile stesura del colore era stata considerata fino ad allora uno stadio preparatorio del dipinto, finalizzato allo studio delle gradazioni di colore, dell'incidenza della luce e della scansione delle parti.
I visitatori potranno apprezzare anche la straordinaria versatilità di Fattori, il quale si è confrontato contunuamente con paesaggi (soprattutto quelli della sua aspra terra, la Maremma toscana, mitica protagonista dei capolavori degli ultimi anni del pittore), ritratti, scene di vita popolare, resoconti di storia contemporanea, facendo emergere gli stati d'animo più disparati dell'umanità e riflettere i cambiamenti storico-sociali che animavano l'Italia dell'Ottocento.
La lezione artistica di Giovanni Fattori
Nella produzione artistica di Fattori, che è stato più volte accostato dalla critica a Cézanne, a Courbet, a Goya, segnano la svolta verso la macchia una serie di tavolette dipinte nel 1859 e dedicate ai soldati francesi accampati nei prati delle Cascine, su cui si affacciano le finestre del suo studio. Fattori traduce un tema piuttosto diffuso, quello della guerra e nello specifico le guerre di indipendenza, facendosi interprete della delusione di un'intera Nazione per aver creduto invano negli ideali del Risorgimento. A questi piccoli lavori, il livornese affianca opere di altro respiro, soprattutto composizioni storiche come "Maria Stuarda al campo di Crookstone", e "Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta", dipinto che lascia ampio spazio allo sfondo. Una gamma cromatica ridottissima caratterizza la tela In vedetta, molto contenuta nelle dimensioni, ma monumentale nel contenuto: le sagome scure dei soldati si stagliano in uno spazio strutturato su una prospettiva rigorosa degna degli esempi rinascimentali; il paesaggio è avvolto da un chiarore abbagliante e risolto nel complesso gioco del contrasto cromatico tra macchie nere e macchie bianche. La produzione ricchissima e coerente di Giovanni Fattori trova una maggiore compiutezza formale negli anni sessanta, quando egli si rifugia con i colleghi Borrani, Abbati e Martelli a Castiglioncello, dove nasceranno opere di altissimo livello, come i ritratti di Diego Martelli e della moglie.